Italia (1992): si leva il sipario sul famigerato “Annus horribilis”. Se non è possibile annoverare nel solco delle semplici coincidenze le stragi di Capaci e di via Mariano D’Amelio, del pari non è ipotizzabile catalogare come naturali convergenze le molteplici inchieste giudiziarie che, avviate dai magistrati del pool di “Mani pulite” presso il Palazzo di Giustizia di Milano, si estesero a numerose Procure italiane allo scopo di rivelare un sistema fraudolento che coinvolgeva in maniera collusa la politica e l’imprenditoria del nostro paese. Non è un caso quindi che il 1992 abbia segnato un profondo spartiacque nell’immaginario collettivo del popolo italiano giacché, in quei fatidici dodici mesi e oltre, numerosi sono stati gli avvenimenti che ne hanno indelebilmente segnato il destino: tra essi v’è da annoverare la crisi del sistema dei partiti che ha condotto al crollo della “Prima Repubblica”. Tuttavia, nel siffatto scenario dai contorni incerti che andava dipanandosi, ecco stagliarsi in maniera imponente la figura sicura e carismatica dell’“inquilino” di Palazzo del Quirinale che, in una temperie di delegittimazione della classe politica ad opera della “società giudiziaria”, riusciva a traghettare la “nave” Italia nella rada più sicura, assurgendo al rango di attore “governante” e svolgendo un ruolo eminentemente politico.