Guspini - Daniele Mocci ha presentato "La memoria delle Forbici", accanto alla protagonista del romanzo
Un libro e il suo autore, la sua protagonista Rosy, al secolo Rosalba Perra, e due disegnatori Luca Usai e Jean Claudio Vinci all'opera, di fronte al pubblico.Una presentazione, quella organizzata dal Centro Commerciale Naturale Apice per la rassegna Le notti di Guspini, un po' irrituale e dalla formula originale.In realtà i libri presentati nella suggestiva cornice di piazza XX settembre, a Guspini, erano due, si è parlato anche di L’ultimo giorno di primavera (ed. Condaghes, 2019), un romanzo sull’infanzia più che un romanzo per l’infanzia.
È stata l'occasione per porre qualche domanda a Daniele Mocci, sul più recente La memoria delle Forbici (ed. Condaghes, 2021), un romanzo biografico che racconta la storia di Rosy, parrucchiera di Terralba, che quest’anno festeggia il cinquantesimo anniversario dell’apertura del suo salone.
«L'idea è nata da Simone, figlio di Rosalba, che mi ha contattato per scrivere la storia di sua madre e di come si è sviluppata per cinquant'anni» ha esordito Daniele Mocci.L’idea si è trasformata, dopo una lunga serie di incontri con la protagonista, in un romanzo, strutturato su un continuo rimbalzo di linea: la narrazione procede su due rotte apparentemente divergenti, accomunate dall'avere a che fare, entrambe, con le acconciature. E con il tema della memoria.
La parte storica del romanzo accompagna il lettore dagli anni '70 ai giorni nostri, documentando i cambiamenti epocali e le inquietudini di fine novecento e gli anni incerti e sospesi del nuovo millennio. La centralità di Terralba è resa ancora più nitida dall'iniziale allontanamento della protagonista, in cerca di fortuna a Milano, che tornerà ben presto, carica di nuovi stimoli, alla sua terra. Avvinghiato a questo tema narrativo come un rampicante al suo tutore, si intreccia la storia ambientata nel 2120, in un mondo inventato, un futuro distopico ma tanto somigliante alla proiezione di qualcosa che stiamo già iniziando a percepire ai giorni nostri, come l'impoverimento collettivo delle capacità critiche, che nella Thar del secolo che verrà si trasformerà nell'annientamento di massa della memoria.
Come mai ha scelto di innestare, sulla linea narrativa biografica, la figura del parrucchiere proveniente da un futuro senza memoria? Non sarebbe bastata la forza narrativa della storia di una donna che così caparbiamente costruisce la sua affermazione nella vita, a dare pulsione al racconto?
«Avevo bisogno di una lente che aiutasse sia me che il lettore a guardare le vicende di Rosy non solo sotto un’ottica di narrazione, ma anche con una prospettiva “di scopo”. Teo, il giovane parrucchiere del futuro è il veicolo attraverso il quale entriamo nella vita di Rosy ed è un personaggio che ci permette di sentirci parte in causa di una storia che, altrimenti, avrebbe potuto correre il rischio di restare un “semplice” romanzo d’impresa. In questo modo, invece, la vita di Rosy ci parla anche al di là della sua cavalcata verso la realizzazione personale e professionale, e ci suggerisce che passato, presente e futuro non sono compartimenti stagni, ma parte di un continuum indispensabile per sviluppare consapevolezza di noi stessi e del mondo. Un mondo che contribuiamo a plasmare in ogni caso: sia se ci diamo da fare, sia se ce ne stiamo fermi senza muovere un dito. E sarebbe bene ragionare su questo aspetto, perché poi le conseguenze di quello che abbiamo fatto (o non fatto) ci arriveranno comunque addosso».Il linguaggio che caratterizza il romanzo è decisamente privo di svolazzi e orpelli stilistici, si racconta ciò che avviene in modo essenziale, quasi didascalico, ma riuscendo sempre a mantenere alta la tensione. Come ha ottenuto questo insieme di essenzialità ed efficacia?
«Oltre a occuparmi di narrativa, da oltre vent’anni sono uno sceneggiatore di fumetti e un copywriter. Questo influisce senza dubbio sul mio modo di scrivere, asciugandolo da giri di parole o costruzioni barocche. Ma ha fatto anche sì che il processo di sintesi e pulizia non si limitasse a una semplice operazione di taglio e sfoltimento. Il mio è un tentativo di mettere in relazione fatti, sentimenti e dinamiche interpersonali. Sono alla ricerca di una narrazione capace di catapultarmi nel flusso degli eventi e nei meccanismi che portano i personaggi ad agire. Se anche il lettore si sentirà parte di quello che legge, vorrà dire che sono sulla buona strada».
I film rivestono un'importanza particolare nella storia, contribuiscono alla rinascita di una memoria nel panorama futuro di appiattimento totale. Perché ha scelto di utilizzare il cinema come antidoto all'oblio?
«Il cinema è sempre stato un mio compagno di viaggio. In più, dato che io arrivo dal fumetto, esso è anche un fertile terreno di studio e ispirazione. Non solo per i contenuti, ma anche e soprattutto per il linguaggio. Un linguaggio visivo che, lungi dal perseguire la banalizzazione del racconto, ha il compito di evocare significati, colori e connessioni. Un mondo senza film è un mondo che ha scelto di limitare pesantemente la propria capacità di leggersi e interpretarsi. Tanto più che, nel futuro che descrivo, i film non sono l’unica cosa “bandita”. Anche i libri, i giornali e i notiziari non esistono più, né in forma cartacea, né in forma elettronica. Se l’essere umano smette di nutrirsi di storie (e non parlo di gossip, ma di storie nel senso più profondo), rinuncia alla sua umanità e finisce per dimenticarsi di se stesso. Ed ecco qual è il vero oblio! Ho paura che l’umanità abbia già intrapreso questo percorso da almeno vent’anni. Mi auguro che riesca a rendersene conto e a bloccarlo, prima che sia troppo tardi».
Marco Cazzaniga © riproduzione riservata
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