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Vita da esule

  •  6 novembre 2003 | Rassegna stampa | L’Unione Sarda
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I profughi in Sardegna.
Un libro e un convegno per ricordare.

«Sapete cosa vuol dire vivere dieci anni in un campo profughi? Italiana senza cittadinanza, fuggita dalla mia terra dove era iniziata una feroce pulizia etnica. La mia famiglia espropriata di tutto, ridotta in miseria, ignorata dal governo di Roma e dall’intera nazione che preferiva non vedere e non sapere cosa stava succedendo ai connazionali della Venezia Giulia». Marisa Brugna, a lungo maestra ad Anela, oggi è una bionda e bella signora di mezza età. Durante il convegno “L’esodo, la tragedia degli esuli giuliani-dalmati” organizzato giovedì scorso a Cagliari dall’associazione culturale “La fiaccola”, presenta il suo libro che rievoca una delle pagine più vergognose della storia repubblicana. Il racconto (“La memoria negata”, ed. Condaghes) prende le mosse dal 1949 quando, a sette anni, Marisa è costretta ad abbandonare in tutta fretta il piccolo paese di Orsera, arrivando in Sardegna nel 1959 dopo aver trascorso la giovinezza in un campo profughi in Toscana. «Dal momento in cui sono entrata in quel campo ho perso la mia dignità, sono diventata un’emarginata, una diversa. Sono stati anni di assoluta povertà, di promiscuità nelle baracche, di vergogna». La storia di Marisa Brugna è simile a quella di 350 mila esuli giuliani giunti in Italia solo con le valigie e gli abiti che avevano indosso. Molti erano sfuggiti alla violenza degli slavi, alla feroce caccia all’italiano scatenata dai titini dopo la fine della guerra. Ma migliaia di familiari e amici erano finiti nelle foibe. «Difficile dire quanti», sottolinea al convegno Vincenzo Maria De Luca, autore di numerosi studi sulle foibe: «Fu una vera pulizia etnica, ma ancor prima una epurazione storica e culturale. Gli slavi volevano cancellare la lingua, le tradizioni, i nomi, tutto ciò che da secoli era stato prima veneziano e poi italiano». Al convegno è intervenuto il deputato di Trieste Roberto Meina che da anni si batte perché il Parlamento approvi finalmente una legge che riconosca la tragedia dei profughi e restituisca la memoria alle vittime delle foibe. «Ma sinora - dice - nessun governo ha fatto niente per i diritti degli esuli».
La lista dei sardiNelle foibe finirono oltre 10 mila italiani, tra cui 142 sardi. Erano militari, ferrovieri, guardie di finanza, insegnanti e molti minatori del Sulcis, inviati nel 1943 a lavorare nelle miniere dell’Istria. Ieri abbiamo pubblicato la prima parte della lista delle vittime sarde, oggi terminiamo la lista raccolta da Mauro Pistis, presidente dell’associazione culturale “Sa Lantia” di Carbonia. Una lista incompleta, sicuramente con errori nei nomi e nei luoghi, ma è comunque l’unica sinora esistente. Siamo in attesa che gli storici ufficiali e le autorità competenti comincino a fare luce su questa pagina ancora ignorata. Marisa Brugna in Sardegna ha trovato l’amore, il lavoro di maestra che tanto desiderava. A Fertilia si è costruita una famiglia, ma non ha mai dimenticato il suo passato di profuga. «Mio padre era un uomo estroverso: quando arrivò nel campo profughi smise per sempre di ridere».

(Carlo Figari)